venerdì 9 luglio 2010

Lelio Luttazzi



(da http://www.davidecamera.com/Lelio%20Luttazzi.jpg)

MILANO - Il maestro e compositore Lelio Luttazzi è morto stanotte nella sua casa, a Trieste. Lo si è appreso dal suo amico e agente, Roberto Podio, portavoce della famiglia. Aveva 87 anni e soffriva da tempo di una neuropatia.

IL RITRATTO - Lelio Luttazzi era nato a Trieste (la «sua» Trieste) il 27 aprile del 1923: aveva compiuto 87 anni. È stato uno dei personaggi di maggior successo della canzone italiana degli anni '50 e '60 ma soprattutto un protagonista della televisione, dell'epoca d'oro di Studio Uno, della radio e del cinema. Tra i primi ad inserire nella canzone italiana le strutture del jazz, un modo di comporre "swingato" che ha il suo primo esempio in «Muleta mia», una canzone scritta per Teddy Reno. Ma, rimanendo nell'ambito musicale, i titoli delle composizioni di Luttazzi comprendono «Una zebra a pois», cantata da Mina, «Il giovanotto matto», il classico di Ernesto Bonino, «Il favoloso Gershwin», «Promesse di marinaio» fino a quella che rimane la sua interpretazione più famosa e nostalgica, «El can de Trieste». Luttazzi è cresciuto nella stagione in cui nascevano la radio e la televisione moderne e, come tanti altri suoi colleghi, aveva iniziato la sua carriera nella rivista teatrale dove aveva scritto le musiche soprattutto per i testi di Scarnicci e Tarabusi come «Barbanera bel tempo si spera» con Ugo Tognazzi ed Elena Giusti, «Tutte donne meno io» con Macario e Carla Del Poggio nella quale era inserita la celebre «Souvenir d'Italie». Luttazzi apparteneva a quella figura tipica della televisione, del musicista con capacità comiche ed intrattenitore, un ruolo che lo ha portato a condurre programmi come «Ieri e Oggi», «Studio Uno», «Il Paroliere». Probabilmente l'apice della popolarità lo ha toccato grazie ad «Hit Parade» uno dei più longevi programmi radiofonici, uno dei primi esempi italiani di trasmissione dedicata alle classifiche trattate con lo spirito del varietà. L'annuncio con il titolo dilatato ('Hiiiiiit Parade!!) come in uno spettacolo di Broadway è rimasto nella memoria del pubblico italiano che seguiva la radio negli anni '60-'70. Così come molti suoi colleghi dell'epoca, Lelio Luttazzi ha frequentato molto anche il cinema, scrivendo colonne sonore e partecipando anche come attore. Nel primo ruolo ha firmato anche alcuni film di Totò come il celebre «Toto, Peppino e la Malafemmina» o «Totò lascia o raddoppia?». La sua più conosciuta apparizione di attore è del 1965 ne «L'Ombrellone» di Dino Risi. Buon musicista, pianista innamorato del jazz, Luttazzi è stato un personaggio che ha visto interrompersi bruscamente la sua parabola artistica quando è rimasto coinvolto in una vicenda di droga dai contorni mai chiariti della quale è risultato in un primo tempo responsabile di colpe che non erano tutte sue. Questo episodio, insieme all'atteggiamento di alcuni colleghi che gli erano più vicini e che certo non lo hanno aiutato in quel momento così difficile, hanno spinto Luttazzi ad una volontà di esilio da quale è uscito soltanto raramente per qualche piccolo spettacolo con alcuni musicisti amici.

Redazione online
08 luglio 2010
(da http://www.corriere.it/spettacoli/10_luglio_08/morto-lelio-luttazzi_3ad65e1c-8a59-11df-966e-00144f02aabe.shtml)

venerdì 2 luglio 2010

Gary Coleman



(da http://www.forumsalute.it/public/data/RekoJ/2008423151639_gary-coleman.jpg)


L'attore aveva 42 anni, è morto in un ospedale dello Utah dove era stato ricoverato dopo una caduta. Bambino prodigio celebre per la serie tv conosciuta in Italia come "Il mio amico Arnold", ha sempre avuto problemi di salute. Negli anni recenti aveva partecipato ad alcuni film ma da qualche tempo lavorava come guardia privata
di PAOLO GALLORI
Gary Coleman
in una foto
di pochi anni fa
SALT LAKE CITY - Il piccolo Arnold non ce l'ha fatta. L'attore Gary Coleman, 42 anni, protagonista della celebre sitcom, è morto a seguito di una emorragia cerebrale dopo una caduta nella sua casa a Salt Lake City, nello Utah. Coleman era entrato in coma fino a essere mantenuto in vita solo con le macchine. Poi, la notizia del decesso. Dopo una vita segnata da problemi di salute, fin dalla più tenera età.

In onda negli Stati Uniti dal 1978 al 1986, la serie Il mio amico Arnold arrivò al pubblico italiano negli anni Ottanta, quando Canale 5, ormai rete nazionale, ne fece un punto fermo della sua programmazione. Il segreto del successo era tutto concentrato nelle fattezze del protagonista assoluto dello show: un bambino afroamericano, piccolo e grassottello, dalla battuta fulminante e dall'irresistibile senso dell'umorismo. Per chi ha vissuto quella stagione televisiva, resta indimenticabile il "Che cavolo stai dicendo, Willis!", con cui il ragazzino rimbrottava il fratello, alto e dinoccolato, interpretato dall'attore Todd Bridges. Arnold e Willis, due ragazzi neri cresciuti nel ghetto e atterrati come meteore nella dimensione altoborghese di una famiglia bianca, composta dall'algido signor Philip Drummond e da sua figlia Kimberly.


Nessuno, all'epoca, avrebbe mai sospettato che Arnold non fosse un attore-bambino dal talento straordinario. Ma pian piano la verità venne a galla. Gary Coleman, nato a Zion, Illinois, nel 1968, non era un piccolo e grassottello ragazzino nero, ma un uomo, adulto e minato nel fisico. Il suo sviluppo era stato compromesso da una forma di insufficienza renale che lo aveva torturato fin dall'infanzia. Nei suoi anni verdi Coleman passò attraverso due trapianti di ren, ma non riuscì a sottrarsi alla dialisi, suo malgrado compagna di una vita.

Quando per l'uomo Gary divenne insostenibile mantenere le sembianze del bambino Arnold, la tv lo abbandonò. Lo spettacolo Usa lo ricordò citandolo in episodi dei cartoon The Simpson e i Griffin, nel 1996 apparve in un episodio della serie Willy, il principe di Bel Air, protagonista l'aspirante superstar Will Smith. Si ricordò di lui persino Meteore, il programma Mediaset che regalava una nuova serata di gloria alle stelle (in)dimenticate del passato. Ma il passato non può tornare. E dal passato di Gary affiora anche una brutta storia di violenza domestica, quella che Coleman usò contro Shannon Price, la donna che sposò nel 2007.

Prima che quell'ombra ne scalfisse l'immagine, Coleman aveva tentato anche la carta della politica. Nel 2003 annunciò la sua candidatura a governatore della California. Ma, ironia della sorte, il destino volle che nella sua corsa alla prestigiosa poltrona il "piccolo Arnold" si scontrasse con la candidatura di un "grande Arnold": Schwarzenegger, l'ex culturista inventatosi attore e reso popolarissimo dai ruoli interpretati in Terminator e mille altri film d'azione. Coleman cercò di ritirarsi per appoggiare l'avversario, ma essendo ormai ufficialmente iscritto nella lista non riuscì a farsi depennare. Chiuse l'esperienza con 14.282 preferenze (0,16%), ottavo su 135 candidati.

Tra un cameo e un'apparizione casuale, Gary Coleman lavorava come guardia privata. Proprio in occasione di uno dei suoi sporadici ritorni in tv, lo scorso febbraio, durante le riprese della trasmissione televisiva The Insider, Coleman era stato colto da un malore. Forse un segnale della fine, forse no. Ma Arnold se n'era già andato da tempo.

(28 maggio 2010)

(da http://www.repubblica.it/spettacoli-e-cultura/2010/05/28/news/addio_arnold_morto_gary_coleman-4416188/)