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mercoledì 24 marzo 2010
Lauretta Masiero
(immagine tratta da http://static.episode39.it/artist/22122.jpg)
Si è spenta Lauretta Masiero, 23 marzo 2010.
Veneziana, aveva 82 anni. Il debutto come soubrette con Chiari e Macario, poi il repertorio drammatico.
MASOLINO D'AMICO
Ho visto per l’ultima volta in teatro Lauretta Masiero poco più di dieci anni fa, incantevolmente accoppiata con Isa Barsizza, l’unica altra leggenda vivente del nostro antico e glorioso teatro di varietà a lei paragonabile. Il testo era un classico della prosa, vale a dire un adattamento del romanzo di Palazzeschi Le sorelle Materassi e la situazione poteva sembrare ancora più classica: due ex soubrettine diventate così vecchie e sagge e rispettabili da farsi perdonare gli ormai lontanissimi esordi nel dopoguerra, quando si dimenavano seminude su palcoscenici affamati di carne giovane e di spensieratezza. Senonché era vero piuttosto il contrario. Con la loro grazia piena di umorismo, con l’aerea naturalezza in cui abitavano il palcoscenico, le due irresistibili signore riuscivano a resuscitare, oserei addirittura dire malgrado i loro personaggi, una preziosissima dose della verve che, attraverso di loro, aveva fatto sognare un’Italia che aveva bisogno di spensieratezza ancora più che di pane.
Entrambe quelle due - anche se d’ora in avanti la dolorosa circostanza della sua scomparsa, ieri a Roma, a 82 anni, m’imporrà di occuparmi della sola Masiero - avevano ancora, infatti, quello che avevano sempre avuto: quella leggerezza innata, quell’allegria congenita, quell’impossibilità di risultare, in qualsiasi situazione, volgari. Sarebbe riduttivo chiamarlo semplicemente talento. Senza talento in teatro si combina poco, ma d’altro canto il talento è solo una disposizione che facilita gli inizi; sul talento si deve lavorare, il talento si affina, il talento si sviluppa e matura. Mentre Lauretta Masiero, come si dice a Roma, era nata imparata. Era anche nata a Venezia, non certo uno svantaggio, né era uno svantaggio l’essersi ritrovata un paio di gambe molto lunghe in un Paese dove questo fenomeno non era, ai suoi tempi, così frequente. Il che non vuol dire che non avesse dovuto anche faticare, e parecchio, prima di conquistare il mestiere e diventare una vera professionista.
Però era nata con quella cosa lì, quella che non si impara, come l’orecchio assoluto. Aveva i tempi comici, infallibili; si proponeva con spontaneità e sempre al momento giusto; quando sorrideva, e sorrideva moltissimo con la sua bocca smisurata, ammiccava ma in modo scherzoso, invitava il pubblico a ridere con lei. Era festosa senza essere esibizionista. Comunicava dal palco il piacere di chi ci si trova come a casa propria ed è felice di accogliervi gli ospiti. Fu per l’appunto questa facilità, questa cordialità allegra che non l’abbandonava mai, a renderle così agevole il passaggio - ho detto passaggio, non promozione! - dalla rivista al teatro cosiddetto serio, cominciando con Goldoni molto presto, già nel ’54 (era nata nel 1927) e continuando poi con tanto di nome in ditta, da animatrice di formazioni prestigiose, la Masiero-Calindri-Zoppelli, la Masiero-Lionello-Pagnani, la Masiero-Volonghi, la Masiero-Foà. Quando festeggiò il mezzo secolo di teatro (con Twist di Clive Exton), tra i grandi della commedia brillante che aveva visitato, da Shaw a Feydeau, da Neil Simon a Félicien Marceau, insomma chi più ne ha più ne metta, non mancava quasi nessuno. Dell’evoluzione aveva fatto parte, ovviamente, anche la commedia musicale di Garinei e Giovannini (Attanasio cavallo vanesio, a fianco di Renato Rascel).
Dappertutto, oggi sembra la componente maggiore del suo fascino e la qualità per la quale la si ricorda più volentieri, Masiero portava il profumo dei suoi vigorosi, vitalissimi inizi in quel genere così italiano e così popolare, prima che la televisione lo uccidesse (non senza peraltro annettersi la sua preziosa presenza): la rivista della Wanda Osiris e poi, soprattutto, di Macario, il poetico clown finto melenso, sempre circondato da donnine. Oggi per recuperare quel profumo, quella malizia innocente, quella trasgressione bonaria e anche quella sensualità tanto più intrigante in quanto esercitata entro limiti sportivamente accettati da tutti, più che rivolgersi alle teche Rai e ai recuperi, sarà il caso di cercare le spiritose apparizioni di Lauretta nei filmetti senza pretese degli Anni Cinquanta, i cui titoli non di rado sono tutto un programma: Il bandolero stanco (1952), Gran varietà (‘54), Totò a Parigi (‘58), Marinai, donne e guai (‘58), Ferragosto in bikini (‘60).
Colpita dall’Alzheimer, Lauretta Masiero si era ritirata dalle scene da circa dieci anni. I funerali saranno celebrati a Roma in forma privata. Il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, in un messaggio alla famiglia ha espresso la sincera partecipazione al dolore per la scomparsa di una «figura significativa della scena teatrale e televisiva italiana».
(fonte: http://www.lastampa.it/redazione/cmsSezioni/spettacoli/201003articoli/53430girata.asp)
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