Addio al premio Nobel Rita Levi Montalcini, signora della scienza e dell'impegno civile
di Stefano Biolchini
Con il suo sorriso lieve e lo sguardo intenso se ne è andata una delle donne che per rigore d'impegno civile e di dedizione alla ricerca e allo studio rendono grande il nostro paese: Rita Levi Montalcini, premio Nobel per la medicina, è deceduta a Roma. Aveva 103 anni ed è morta nella sua abitazione in via di Villa Massimo. La scienziata era stata nominata senatore a vita dal presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi il primo agosto del 2001. Come si legge sulle agenzie, il 118, intervenuto nella sua residenza, ha "soltanto potuto constatare il decesso".
Rita Levi Montalcini era nata a Torino il 22 aprile 1909. Dopo aver studiato medicina all'universita' di Torino, all'età di 20 anni entra nella scuola medica dell'istologo Giuseppe Levi e inizia gli studi sul sistema nervoso che prosegue per tutta la sua vita, salvo alcune brevi interruzioni nel periodo della Seconda guerra mondiale. Si laurea nel 1936. Nel 1938, in quanto ebrea sefardita, fu costretta dalle leggi razziali del regime fascista a emigrare in Belgio con Levi, dove continua le sue ricerche in un laboratorio casalingo.
(link originale dell'immagine: https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiFzcMRCP2BvcXhd8fYlmzj3n23k4__mROort1yKGPJLSkQ7NNGHFqgZwwSFQ7-6WhRgVBnh9omxelNhWYp6ZeW-8SmihrcqJe4FJu7UDfPqRHWFK0vGGDMTWJo07cXb5IehG25KcF9JnIx/s1600/rita_levi_montalcini_101_anni.jpg
)
I suoi primi studi (degli anni 1938-1944) furono dedicati ai meccanismi di formazione del sistema nervoso dei vertebrati. Nel 1947 accetta l'invito a proseguire le sue ricerche al dipartimento di Zoologia della Washington University (nello stato Usa del Missouri), dove rimane fino al 1977. Nel 1951-1952 scopre il fattore di crescita nervoso noto come Ngf (Nerve Growth Factor), che gioca un ruolo essenziale nella crescita e differenziazione delle cellule nervose sensoriali e simpatiche. Per circa 30 anni prosegue le ricerche su questa molecola proteica e sul suo meccanismo d'azione, per le quali nel 1986 viene insignita del Premio Nobel per la medicina insieme allo statunitense Stanley Cohen. Nella motivazione del riconoscimento si legge: «La scoperta del Ngf all'inizio degli anni '50 è un esempio affascinante di come un osservatore acuto possa estrarre ipotesi valide da un apparente caos. In precedenza, i neurobiologi non avevano idea di quali processi intervenissero nella corretta innervazione degli organi e tessuti dell'organismo».
Dal 1961 al 1969 dirige il Centro di ricerche di Neurobiologia del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr) di Roma in collaborazione con l'Istituto di Biologia della Washington University, e dal 1969 al 1979 il laboratorio di Biologia cellulare. Dopo essersi ritirata da questo incarico "per raggiunti limiti d'eta'" continua le sue ricerche come ricercatore e guest professor dal 1979 al 1989, e dal 1989 al 1995 lavora presso l'Istituto di neurobiologia del Cnr con la qualifica di superesperto. Le sue indagini si concentrano sullo spettro di azione del Ngf, utilizzando tecniche sempre più sofisticate. Studi recenti hanno infatti dimostrato che esso ha un'attività ben più ampia di quanto si pensasse: non si limita ai neuroni sensori e simpatici, ma si estende anche alle cellule del sistema nervoso centrale, del sistema immunitario ematopoietico e alle cellule coinvolte nelle funzioni neuroendocrine.
E forse il segreto della lucidità e vitalità fino all'ultimo giorno della sua scopritrice si celava proprio nel Ngf: la scienziata lo assunse tutti i giorni in forma di gocce oculari per problemi alla vista. Dal 1993 al 1998 presiede l'Istituto dell'Enciclopedia Italiana. E' membro delle piu' prestigiose accademie scientifiche internazionali, quali l'Accademia Nazionale dei Lincei, l'Accademia Pontificia, l'Accademia nazionale delle scienze detta dei XL, la National Academy of Sciences statunitense e la Royal Society. Viene nominata senatore a vita dal presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi il 1 agosto del 2001. Riceve numerosi altri riconoscimenti: fra l'altro tre lauree ad honorem delle Universita' di Uppsala (Svezia), Weizmann-Rehovot (Israele) e St. Mary (Usa). Ha vinto inoltre il Premio internazionale Saint-Vincent, il Feltrinelli, e il premio "Albert Lasker" per la ricerca medica.
E' stata sempre molto attiva in campagne di interesse sociale, per esempio contro le mine anti-uomo o per la responsabilità degli scienziati nei confronti della società. Nel 1992 ha istituito, assieme alla sorella gemella Paola, la Fondazione Levi Montalcini, in memoria del padre, rivolta alla formazione e all'educazione dei giovani, nonché al conferimento di borse di studio a giovani studentesse africane a livello universitario, con l'obiettivo di creare una classe di giovani donne che svolgano un ruolo di leadership nella vita scientifica e sociale del loro paese. Sempre a favore dei giovani scienziati, nel marzo 2012 rivolge un appello al Governo Monti insieme al senatore Ignazio Marino(Pd), «affinché non cancelli il futuro di tanti giovani ricercatori, che coltivano la speranza di poter fare ricerca in Italia. Il decreto legge su semplificazioni cancella i principi di trasparenza e merito alla base delle norme che dal 2006 hanno consentito di finanziare i progetti di ricerca dei giovani scienziati under 40 attraverso il meccanismo della peer review, la valutazione tra pari».
Levi Montalcini è stata particolarmente sensibile anche nei confronti dei temi della difesa dell'ambiente e dello sviluppo sostenibile. Nel 1998 fonda la sezione italiana di Green Cross International, organizzazione non governativa riconosciuta dalle Nazioni Unite e presieduta da Mikhail Gorbaciov, di cui è consigliere. Significativo l'impegno sulla prevenzione e sulle conseguenze ambientali e sociali delle guerre e dei conflitti legati allo sfruttamento delle risorse naturali, con particolare riferimento alla protezione e all'accesso alle risorse idriche. Con la vittoria dell'Unione di Romano Prodi alle elezioni politiche del 2006, la Levi Montalcini, in qualità di senatrice a vita, accorda la fiducia al governo Prodi II.
(link originale dell'articolo: http://www.ilsole24ore.com/art/cultura/2012-12-30/addio-senatrice-premio-nobel-151940.shtml?uuid=Abzs3BGH)
Curiosariato è l'insieme delle notizie, degli elementi, dei materiali che possono a buon diritto entrare a far parte di un curiosario.
domenica 30 dicembre 2012
venerdì 28 dicembre 2012
Jack Klugman
Morto Jack Klugman, fece La strana coppia con Randall e fu il medico legale in QuincyAveva 90 anni. Aveva lavorato anche con Humprey Bogart e Henry Fonda. Il suo debutto a Broadway nel 1952 con Golden Boy
(link originale dell'immagine: http://www.quotidiano.net/xml_spett/images/2012/12/26/jack.klugman1020.jpg)
Addio Quincy: Jack Klugman se ne va a 90 anni NORTHRIDGE - E' morto all'età di 90 anni, nella sua casa di Northridge, in California, Jack Klugman, volto celebre della televisione statunitense, conosciuto soprattutto per il ruolo di protagonista nelle serie 'La strana coppia' e Quincy.
A confermare la notizia della scomparsa dell'attore è stato il figlio che, però, non ha specificato le ragioni del decesso. Klugman nel 1980 perse la voce a causa di un cancro alla gola e da allora per recuperare l'uso della parola si era sottoposto a continue sedute di riabilitazione.
Nato a Filadelfia, debutta a Broadway nel 1952 con Golden Boy e lavora accanto a mostri sacri come Humphrey Bogart e Henry Fonda. Il successo vero arriva negli anni '70 quando, insieme a Tony Randall, è protagonista di La strana coppia, serie cult in cui dà il volto a Oscar Madison, scrittore divorziato, trasandato e amante del gioco.
Tra il 1976 e il 1983 Klugman è, invece, protagonista di Quincy, dove interpreta un medico legale che collabora con la polizia. L'attore lascia la moglie e due figli. Klugman, nato a Filadelfia il 27 aprile 1922, fece anche molto cinema. Famosa la sua apparizione in 12 Angry Man, regia di Sidney Lumet con Henry Fonda del 1957, tradotto in Italia con il titolo La Parola ai Giurati, una sorta di manifesto garantista a favore del diritto alla difesa e al principio del ragionevole dubbio.
(25 dicembre 2012)
(link originale dell'articolo: http://www.repubblica.it/persone/2012/12/25/news/usa_morto_jack_klugman_il_medico_legale_nella_serie_tv_quincy-49414533/)
(link originale dell'immagine: http://www.quotidiano.net/xml_spett/images/2012/12/26/jack.klugman1020.jpg)
Addio Quincy: Jack Klugman se ne va a 90 anni NORTHRIDGE - E' morto all'età di 90 anni, nella sua casa di Northridge, in California, Jack Klugman, volto celebre della televisione statunitense, conosciuto soprattutto per il ruolo di protagonista nelle serie 'La strana coppia' e Quincy.
A confermare la notizia della scomparsa dell'attore è stato il figlio che, però, non ha specificato le ragioni del decesso. Klugman nel 1980 perse la voce a causa di un cancro alla gola e da allora per recuperare l'uso della parola si era sottoposto a continue sedute di riabilitazione.
Nato a Filadelfia, debutta a Broadway nel 1952 con Golden Boy e lavora accanto a mostri sacri come Humphrey Bogart e Henry Fonda. Il successo vero arriva negli anni '70 quando, insieme a Tony Randall, è protagonista di La strana coppia, serie cult in cui dà il volto a Oscar Madison, scrittore divorziato, trasandato e amante del gioco.
Tra il 1976 e il 1983 Klugman è, invece, protagonista di Quincy, dove interpreta un medico legale che collabora con la polizia. L'attore lascia la moglie e due figli. Klugman, nato a Filadelfia il 27 aprile 1922, fece anche molto cinema. Famosa la sua apparizione in 12 Angry Man, regia di Sidney Lumet con Henry Fonda del 1957, tradotto in Italia con il titolo La Parola ai Giurati, una sorta di manifesto garantista a favore del diritto alla difesa e al principio del ragionevole dubbio.
(25 dicembre 2012)
(link originale dell'articolo: http://www.repubblica.it/persone/2012/12/25/news/usa_morto_jack_klugman_il_medico_legale_nella_serie_tv_quincy-49414533/)
sabato 3 novembre 2012
Pino Rauti
L’ex segretario del Movimento Sociale Italiano è deceduto alle 9.30 di questa mattina nella sua casa nella capitale. E' deceduto nella sua casa di Roma. Avrebbe compiuto 86 anni il 19 novembre
di Domenico Naso
2 novembre 2012
Già su Twitter c’è chi lo ricorda come “un fascista buono”. Rimasugli di scontri ideologici dei tempi che furono, ma Pino Rauti, morto oggi nella sua casa di Roma a pochi giorni dal suo 86esimo compleanno, è stato molto più di “un fascista”. Calabrese della provincia di Catanzaro, a vent’anni era stato tra i fondatori di quel Movimento Sociale Italiano che ricordava con il fascismo di Salò e la Repubblica sociale. E sociale, Pino Rauti lo è sempre stato, visto che era il capo di quella corrente definita “di sinistra”, che già negli anni Cinquanta era diventata l’opposizione interna al Msi dei “fascisti in doppiopetto” di Michelini.
Nel 1956 fonda Ordine Nuovo, un centro studi che non fu solo centro di cultura fascista ma anche attore al tempo della strategia della tensione. Pino Rauti ha dovuto anche affrontare la gravissima accusa di essere parte di quel sistema che aveva organizzato le stragi di piazza Fontana, piazza della Loggia e Bologna. Intanto, negli anni Settanta Rauti vede lo scioglimento di Ordine Nuovo per ricomposizione del Partito fascista e approda alla Camera, dopo essere rientrato nel Msi in seguito all’arrivo di Giorgio Almirante alla segreteria del partito. Tra gli anni Settanta e gli anni Ottanta la componente “rautiana” si connota per una impostazione più culturale e alternativa rispetto alla linea Almirante. Sono gli anni, tra gli altri, di Flavia Perina e Umberto Croppi, ma anche della riscossa della sua corrente all’interno del partito. Dopo aver perso il congresso per la leadership nel 1987 contro l’allora giovane Gianfranco Fini, tre anni dopo si prende la ‘rivincita’. Ma la sua segreteria dura poco perché un anno dopo torna nelle mani di Fini.
Tra i suoi riferimenti culturali Evola, Tolkien, tradizioni celtiche e spiritualismo e campi hobbit. Un doppio binario di trame nere e anticonformismo di destra per un un uomo che era considerato colto e intelligente anche dagli avversari politici. La figlia Isabella è sposata col sindaco di Roma Gianni Alemanno.
Storace: “Il suo carisma scuoteva le coscienze” - ”Nella storia della destra italiana gli anniversari, le ricorrenze, il calendario hanno sempre avuto un posto d’onore. E’ la cultura della memoria. Pino Rauti sembra aver scelto apposta la ricorrenza dei defunti per lasciare questo nostro mondo e le macerie di un tempo che scorre senza valori”. Lo afferma il leader de La Destra, Francesco Storace. “Rauti ha caratterizzato profondamente, con le sue idee, una comunità. Io militavo dalla parte di Almirante, ma ammiravo quest’uomo dal carisma che scuoteva le coscienze. La sua capacità di vedere prima le cose che sarebbero accadute dopo. Con la sua morte, tutti noi ci rimettiamo qualcosa, anzitutto in cultura. La Destra italiana si inchina con commozione”.
Fini: “Ha testimoniato gli ideali della nazione” – Il Presidente della Camera dei deputati, Gianfranco Fini, esprime “il più profondo cordoglio per la scomparsa dell’onorevole Pino Rauti, uomo politico che ha rappresentato una parte di rilievo nella storia della Destra italiana”. Lo definisce “parlamentare rigoroso, intellettuale di profonda cultura” che “ha testimoniato con passione e dedizione gli ideali della nazione e della società che appartengono alla storia politica del nostro Paese. Ai familiari esprimo i sentimenti della più intensa vicinanza mia personale e della Camera dei deputati”.
(link originale dell’articolo: http://www.ilfattoquotidiano.it/2012/11/02/morto-pino-rauti-ex-segretario-del-msi/401348/)
di Domenico Naso
2 novembre 2012
(link originale dell’immagine: http://www.lettera43.it/upload/images/11_2012/l43-pino-rauti-121102115030_medium.jpg)
Già su Twitter c’è chi lo ricorda come “un fascista buono”. Rimasugli di scontri ideologici dei tempi che furono, ma Pino Rauti, morto oggi nella sua casa di Roma a pochi giorni dal suo 86esimo compleanno, è stato molto più di “un fascista”. Calabrese della provincia di Catanzaro, a vent’anni era stato tra i fondatori di quel Movimento Sociale Italiano che ricordava con il fascismo di Salò e la Repubblica sociale. E sociale, Pino Rauti lo è sempre stato, visto che era il capo di quella corrente definita “di sinistra”, che già negli anni Cinquanta era diventata l’opposizione interna al Msi dei “fascisti in doppiopetto” di Michelini.
Nel 1956 fonda Ordine Nuovo, un centro studi che non fu solo centro di cultura fascista ma anche attore al tempo della strategia della tensione. Pino Rauti ha dovuto anche affrontare la gravissima accusa di essere parte di quel sistema che aveva organizzato le stragi di piazza Fontana, piazza della Loggia e Bologna. Intanto, negli anni Settanta Rauti vede lo scioglimento di Ordine Nuovo per ricomposizione del Partito fascista e approda alla Camera, dopo essere rientrato nel Msi in seguito all’arrivo di Giorgio Almirante alla segreteria del partito. Tra gli anni Settanta e gli anni Ottanta la componente “rautiana” si connota per una impostazione più culturale e alternativa rispetto alla linea Almirante. Sono gli anni, tra gli altri, di Flavia Perina e Umberto Croppi, ma anche della riscossa della sua corrente all’interno del partito. Dopo aver perso il congresso per la leadership nel 1987 contro l’allora giovane Gianfranco Fini, tre anni dopo si prende la ‘rivincita’. Ma la sua segreteria dura poco perché un anno dopo torna nelle mani di Fini.
Tra i suoi riferimenti culturali Evola, Tolkien, tradizioni celtiche e spiritualismo e campi hobbit. Un doppio binario di trame nere e anticonformismo di destra per un un uomo che era considerato colto e intelligente anche dagli avversari politici. La figlia Isabella è sposata col sindaco di Roma Gianni Alemanno.
Storace: “Il suo carisma scuoteva le coscienze” - ”Nella storia della destra italiana gli anniversari, le ricorrenze, il calendario hanno sempre avuto un posto d’onore. E’ la cultura della memoria. Pino Rauti sembra aver scelto apposta la ricorrenza dei defunti per lasciare questo nostro mondo e le macerie di un tempo che scorre senza valori”. Lo afferma il leader de La Destra, Francesco Storace. “Rauti ha caratterizzato profondamente, con le sue idee, una comunità. Io militavo dalla parte di Almirante, ma ammiravo quest’uomo dal carisma che scuoteva le coscienze. La sua capacità di vedere prima le cose che sarebbero accadute dopo. Con la sua morte, tutti noi ci rimettiamo qualcosa, anzitutto in cultura. La Destra italiana si inchina con commozione”.
Fini: “Ha testimoniato gli ideali della nazione” – Il Presidente della Camera dei deputati, Gianfranco Fini, esprime “il più profondo cordoglio per la scomparsa dell’onorevole Pino Rauti, uomo politico che ha rappresentato una parte di rilievo nella storia della Destra italiana”. Lo definisce “parlamentare rigoroso, intellettuale di profonda cultura” che “ha testimoniato con passione e dedizione gli ideali della nazione e della società che appartengono alla storia politica del nostro Paese. Ai familiari esprimo i sentimenti della più intensa vicinanza mia personale e della Camera dei deputati”.
(link originale dell’articolo: http://www.ilfattoquotidiano.it/2012/11/02/morto-pino-rauti-ex-segretario-del-msi/401348/)
giovedì 1 novembre 2012
Gae Aulenti
Si è spenta all'età di 84 anni l'architetto e designer Gae Aulenti. L'ultima uscita pubblica lo scorso 16 ottobre, quando ritirò un premio alla carriera alla Triennale di Milano.
MUSEO D'ORSAY - Disegnò il parigino museo d'Orsay con il tema floreale delle lunette della volta e la lampada “Pipistrello” della Martinelli Luce che ha richiami Art Nouveau. Si è formata come architetto nella Milano degli anni cinquanta, dove l'architettura italiana è impegnata in quella ricerca storico culturale di recupero dei valori architettonici del passato e dell'ambiente costruito esistente.
(link originale dell'immagine:
https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhuO95qhQH52Tp2GLp5HzgV9A_EXg9AcBYAnCIn9Y5-5eGrSJm0U87riNvb_sjprqAllmQdScWEtigGPUoX1SFVxH2YyWX0fWCINUhbDd3rZXXAdhX8onHHc15RMWswU6lbxHWXpKg2qLw/s400/GaeAulenti.jpg)
LE ESPRESSIONI - Espressioni architettoniche che avevano avuto prima lo sviluppo del neorealismo e poi si concretizzeranno sulla fine nella nuova corrente del Neoliberty. E' stata anche presidente dell'Accademia di Belle Arti di Brera. Tra le sue ultime opere il restauro di Palazzo Branciforte a Palermo e dell'aeroporto San Francesco d'Assisi di Perugia. E l'istituto di cultura italiana a Tokyo.
1 novembre 2012
(link originale dell'articolo:
http://www.corriere.it/cronache/12_novembre_01/muore-architetto-gae-aulenti_b7c2d058-2409-11e2-9217-937e87f32cd3.shtml)
MUSEO D'ORSAY - Disegnò il parigino museo d'Orsay con il tema floreale delle lunette della volta e la lampada “Pipistrello” della Martinelli Luce che ha richiami Art Nouveau. Si è formata come architetto nella Milano degli anni cinquanta, dove l'architettura italiana è impegnata in quella ricerca storico culturale di recupero dei valori architettonici del passato e dell'ambiente costruito esistente.
(link originale dell'immagine:
https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhuO95qhQH52Tp2GLp5HzgV9A_EXg9AcBYAnCIn9Y5-5eGrSJm0U87riNvb_sjprqAllmQdScWEtigGPUoX1SFVxH2YyWX0fWCINUhbDd3rZXXAdhX8onHHc15RMWswU6lbxHWXpKg2qLw/s400/GaeAulenti.jpg)
LE ESPRESSIONI - Espressioni architettoniche che avevano avuto prima lo sviluppo del neorealismo e poi si concretizzeranno sulla fine nella nuova corrente del Neoliberty. E' stata anche presidente dell'Accademia di Belle Arti di Brera. Tra le sue ultime opere il restauro di Palazzo Branciforte a Palermo e dell'aeroporto San Francesco d'Assisi di Perugia. E l'istituto di cultura italiana a Tokyo.
1 novembre 2012
(link originale dell'articolo:
http://www.corriere.it/cronache/12_novembre_01/muore-architetto-gae-aulenti_b7c2d058-2409-11e2-9217-937e87f32cd3.shtml)
lunedì 27 agosto 2012
Neil Armstrong
Si è spento ad 82 anni per complicazioni cardiovascolari Neil Armstrong, l’uomo che nell’ormai lontano 20 luglio 1969 posò per primo il piede sulla luna.
(link originale dell'immagine: http://lightstorage.laprovinciadisondrio.it/media/2012/08/neil-armstrong-01_medium.jpg)
Nel luglio 1969, Armstrong comandò la missione di allunaggio Apollo 11. Durante la fase di avvicinamento, Armstrong prese i controlli manuali del modulo lunare Eagle e lo pilotò fuori da una zona particolarmente rocciosa. Armstrong mostrò anche un enorme coraggio: quando il computer del modulo lunare Eagle in fase di atterraggio fece le bizze, prese i comandi manuali e si rese protagonista di un atterraggio mozzafiato: “Houston, qui Base della Tranquillità. L’Aquila è atterrata“, disse alla fine della spericolata ma decisiva manovra, facendo tirare a tutti un sospiro di sollievo.
Quasi sette ore più tardi, il 21 luglio, uscì dal modulo e divenne il primo essere umano a camminare sulla Luna. Toccò il suolo lunare alle ore 2:56 con lo scarpone sinistro. Prima del contatto pronunciò la celebre frase: ” Questo è un piccolo passo per un uomo, ma un grande balzo per l’umanità”.
Si coronava il sogno del presidente americano John Fitzgerald Kennedy a cui, in piena guerra fredda, l’Unione Sovietica aveva lanciato il guanto di sfida anche sul fronte della corsa allo spazio, lanciando in orbita nel 1957 il satellite Sputnik.
“Neil è stato uno dei più grandi eroi di tutti i tempi e ci ha insegnato l’enorme potere di un piccolo passo“, sono state le parole del presidente statunitense, Barack Obama, che insieme alla First Lady Michelle si è detto “profondamente colpito”.
(link originale dell'articolo: http://www.intopic.it/notizia/4085848/)
(link originale dell'immagine: http://lightstorage.laprovinciadisondrio.it/media/2012/08/neil-armstrong-01_medium.jpg)
Nel luglio 1969, Armstrong comandò la missione di allunaggio Apollo 11. Durante la fase di avvicinamento, Armstrong prese i controlli manuali del modulo lunare Eagle e lo pilotò fuori da una zona particolarmente rocciosa. Armstrong mostrò anche un enorme coraggio: quando il computer del modulo lunare Eagle in fase di atterraggio fece le bizze, prese i comandi manuali e si rese protagonista di un atterraggio mozzafiato: “Houston, qui Base della Tranquillità. L’Aquila è atterrata“, disse alla fine della spericolata ma decisiva manovra, facendo tirare a tutti un sospiro di sollievo.
Quasi sette ore più tardi, il 21 luglio, uscì dal modulo e divenne il primo essere umano a camminare sulla Luna. Toccò il suolo lunare alle ore 2:56 con lo scarpone sinistro. Prima del contatto pronunciò la celebre frase: ” Questo è un piccolo passo per un uomo, ma un grande balzo per l’umanità”.
Si coronava il sogno del presidente americano John Fitzgerald Kennedy a cui, in piena guerra fredda, l’Unione Sovietica aveva lanciato il guanto di sfida anche sul fronte della corsa allo spazio, lanciando in orbita nel 1957 il satellite Sputnik.
“Neil è stato uno dei più grandi eroi di tutti i tempi e ci ha insegnato l’enorme potere di un piccolo passo“, sono state le parole del presidente statunitense, Barack Obama, che insieme alla First Lady Michelle si è detto “profondamente colpito”.
(link originale dell'articolo: http://www.intopic.it/notizia/4085848/)
mercoledì 1 agosto 2012
Aldo Maldera
È morto all'età di 58 anni Aldo Maldera, ex terzino di Milan, Roma e Fiorentina. Nato a Milano, ma di origine barese, risiedeva da tempo a Fregene, sul litorale romano, insieme alla moglie e alle figlie.
LA CARRIERA - Giocatore di fascia sinistra, 10 presenze in Nazionale, ha vinto in carriera due scudetti, con il Milan nel 1978/79 (quello della Stella, e segnò addirittura 9 reti) e con la Roma nel 1982/83. Nel suo palmares anche due Coppe Italia, sempre con Milan e Roma (rispettivamente 1976/77 e 1983/84), oltre alla Mitropa Cup rossonera del 1981/82.
Addio ad Aldo Maldera, terzino di Milan e Roma
I RICORDI DELLE SUE SQUADRE - Il Milan ha ricordato così il suo ex giocatore: «Tutto il Milan e i tifosi rossoneri si stringono intorno alla famiglia Maldera in questo triste momento e al nipote Andrea Maldera, attualmente assistente tecnico di mister Allegri». Il sito della Roma esprime il suo cordoglio per l'atleta «prematuramente scomparso», «uomo di sport amato e stimato. Tutta l'AS Roma lo piange e lo ricorda, partecipando commossa al dolore della Famiglia». Il dg giallorosso Franco Baldini ha aggiunto che «solo poche settimane fa ci eravamo visti a Trigoria ipotizzando iniziative da prendere insieme per il prossimo futuro». Il Bologna, nel quale militò un anno in prestito, aggiunge: «Il Presidente Guaraldi, i dirigenti, i soci, lo staff tecnico, i giocatori e tutti i dipendenti e i collaboratori del Bologna F.C. 1909 partecipano al dolore della famiglia».
(link originale dell'articolo: http://www.corriere.it/sport/12_agosto_01/calcio-morto-aldo-maldera_645c71e6-dbe1-11e1-83b0-3101995e52cb.shtml)
LA CARRIERA - Giocatore di fascia sinistra, 10 presenze in Nazionale, ha vinto in carriera due scudetti, con il Milan nel 1978/79 (quello della Stella, e segnò addirittura 9 reti) e con la Roma nel 1982/83. Nel suo palmares anche due Coppe Italia, sempre con Milan e Roma (rispettivamente 1976/77 e 1983/84), oltre alla Mitropa Cup rossonera del 1981/82.
Addio ad Aldo Maldera, terzino di Milan e Roma
I RICORDI DELLE SUE SQUADRE - Il Milan ha ricordato così il suo ex giocatore: «Tutto il Milan e i tifosi rossoneri si stringono intorno alla famiglia Maldera in questo triste momento e al nipote Andrea Maldera, attualmente assistente tecnico di mister Allegri». Il sito della Roma esprime il suo cordoglio per l'atleta «prematuramente scomparso», «uomo di sport amato e stimato. Tutta l'AS Roma lo piange e lo ricorda, partecipando commossa al dolore della Famiglia». Il dg giallorosso Franco Baldini ha aggiunto che «solo poche settimane fa ci eravamo visti a Trigoria ipotizzando iniziative da prendere insieme per il prossimo futuro». Il Bologna, nel quale militò un anno in prestito, aggiunge: «Il Presidente Guaraldi, i dirigenti, i soci, lo staff tecnico, i giocatori e tutti i dipendenti e i collaboratori del Bologna F.C. 1909 partecipano al dolore della famiglia».
(link originale dell'articolo: http://www.corriere.it/sport/12_agosto_01/calcio-morto-aldo-maldera_645c71e6-dbe1-11e1-83b0-3101995e52cb.shtml)
Ernest Borgnine
È morto Ernest Borgnine
Era il cattivo di tanti film - western e non - il buono di Marty (con cui vinse l'Oscar) e il tassista di Fuga da New York: aveva 95 anni
9 luglio 2012
16 Ernest Borgnine è morto domenica in un ospedale di Los Angeles a 95 anni, per un’insufficienza renale. Aveva vinto un Oscar per il film Marty, vita di un timido e nella sua lunghissima carriera di attore aveva interpretato moltissimi ruoli di secondo piano, spesso nella parte del cattivo, del poliziotto cattivo o dello sgherro dei cattivi. Nella seconda parte della sua carriera il personaggio che gli aveva dato nuova popolarità in tutto il mondo era stato quello del tassista in 1997, Fuga da New York (1981).
Borgnine aveva 95 anni ed era nato nel 1917 a Hamden, Connecticut, da due immigrati italiani. Sua madre era di Carpi e suo padre (Camillo Borgnino) di Ottiglio, in provincia di Alessandria (che attribuì a Borgnine la cittadinanza onoraria nel 2006). Per alcuni anni della sua infanzia tornò con sua madre a Milano. Cominciò a recitare a trent’anni dopo dieci anni di carriera in Marina fino alla fine della Seconda Guerra Mondiale. Dopo Broadway, il suo primo ruolo importante al cinema fu quello del sergente cattivo di Da qui all’eternità (1953), poi simili parti in Johnny Guitar e Vera Cruz, fino invece al ruolo di buono in Marty, vita di un timido, con cui vinse l’Oscar nel 1955.
(link originale dell'articolo: http://www.ilpost.it/2012/07/09/ernest-borgnine-foto/)
Era il cattivo di tanti film - western e non - il buono di Marty (con cui vinse l'Oscar) e il tassista di Fuga da New York: aveva 95 anni
9 luglio 2012
16 Ernest Borgnine è morto domenica in un ospedale di Los Angeles a 95 anni, per un’insufficienza renale. Aveva vinto un Oscar per il film Marty, vita di un timido e nella sua lunghissima carriera di attore aveva interpretato moltissimi ruoli di secondo piano, spesso nella parte del cattivo, del poliziotto cattivo o dello sgherro dei cattivi. Nella seconda parte della sua carriera il personaggio che gli aveva dato nuova popolarità in tutto il mondo era stato quello del tassista in 1997, Fuga da New York (1981).
Borgnine aveva 95 anni ed era nato nel 1917 a Hamden, Connecticut, da due immigrati italiani. Sua madre era di Carpi e suo padre (Camillo Borgnino) di Ottiglio, in provincia di Alessandria (che attribuì a Borgnine la cittadinanza onoraria nel 2006). Per alcuni anni della sua infanzia tornò con sua madre a Milano. Cominciò a recitare a trent’anni dopo dieci anni di carriera in Marina fino alla fine della Seconda Guerra Mondiale. Dopo Broadway, il suo primo ruolo importante al cinema fu quello del sergente cattivo di Da qui all’eternità (1953), poi simili parti in Johnny Guitar e Vera Cruz, fino invece al ruolo di buono in Marty, vita di un timido, con cui vinse l’Oscar nel 1955.
(link originale dell'articolo: http://www.ilpost.it/2012/07/09/ernest-borgnine-foto/)
mercoledì 25 luglio 2012
Sherman Hemsley
L’attore americano Sherman Hemsley, conosciuto per avere interpretato il ruolo di George Jefferson nella serie tv "I Jefferson". La star è morta nella sua abitazione a El Paso, in Texas, ieri, secondo le autorità locali. In base a quanto scritto dal sito di gossip Tmz.com, Hemsley è deceduto per cause naturali.All’attore, che aveva indossato i panni del burbero George in precedenza nella sitcom americana di successo "All in the Family" (1972-1979), andata in onda su Canale 5 in Italia con il nome di "Arcibaldo", venne offerto due anni dopo il ruolo di protagonista accanto a Isabel Sanford (ovvero Louise "Wizzie" Jefferson) ne "I Jefferson".La serie tv divenne un cult dal suo debutto nel 1975 e durò per un decennio, tanto da far ottenere a Hemsley una nomination per gli Emmy, l’Oscar della tv, nel 1984 come attore protagonista.
Sebbene non sia mai riuscito a staccarsi di dosso il ruolo di George, Hemsley recitò anche nel film "L’aereo più pazzo del mondo 3" e nel 1989 fu fra i protagonisti del video musicale di Michael Jackson, "Liberian Girl".
Poi è tornato a interpretare il ruolo di George Jefferson, nell’episodio pilota della serie tv "P/S - Pronto soccorso" e in due puntate di "Willy, il principe di Bel Air", nel film "Mafia!" (1998) e nel 2011 in un episodio del telefilm "House of Payne".Nato e cresciuto a Philadelphia, Hemsley lasciò la scuola superiore per entrare nell’aviazione americana; lavorò anche otto anni come postino, cercando di curare contemporaneamente la carriera musicale. Iniziò a recitare in compagnie locali e si trasferì a New York, dove fece il suo debutto a Broadway nel 1970.
(link originale dell'articolo: http://www.ilgiornale.it/news/spettacoli/e-morto-george-serie-tv-i-jefferson-825411.html)
Sebbene non sia mai riuscito a staccarsi di dosso il ruolo di George, Hemsley recitò anche nel film "L’aereo più pazzo del mondo 3" e nel 1989 fu fra i protagonisti del video musicale di Michael Jackson, "Liberian Girl".
Poi è tornato a interpretare il ruolo di George Jefferson, nell’episodio pilota della serie tv "P/S - Pronto soccorso" e in due puntate di "Willy, il principe di Bel Air", nel film "Mafia!" (1998) e nel 2011 in un episodio del telefilm "House of Payne".Nato e cresciuto a Philadelphia, Hemsley lasciò la scuola superiore per entrare nell’aviazione americana; lavorò anche otto anni come postino, cercando di curare contemporaneamente la carriera musicale. Iniziò a recitare in compagnie locali e si trasferì a New York, dove fece il suo debutto a Broadway nel 1970.
(link originale dell'articolo: http://www.ilgiornale.it/news/spettacoli/e-morto-george-serie-tv-i-jefferson-825411.html)
martedì 3 luglio 2012
Sergio Pininfarina
Addio al senatore Sergio Pininfarina,
genio del design che leggeva il futuro
Ambasciatore dello stile "made
in Italy" nel mondo, il patron
dell'azienda di carrozzerie si è spento nella notte a 85 anni
PIERO BIANCO
TORINO
Se l’auto avesse un cuore, batterebbe all’unisono con quello di Sergio Pininfarina, che si è spento dopo una lunga malattia lasciando in eredità un patrimonio indelebile. Nato a Torino l’8 settembre 1926, l’Ingegnere ha attraversato e firmato con il suo genio creativo l’intera storia del design, dall’era romantica dei grandi Carrozzieri all’industria moderna, scandendone i ritmi e dettandone le tendenze. Sergio Farina divenne Pininfarina nel 1961, con decreto del Presidente della Repubblica Giovanni Gronchi: un omaggio al padre Battista «Pinin», da cui ereditò il comando dell’azienda che ha celebrato ottant’anni nel maggio 2010, proiettandola verso il terzo millennio.
Un maestro che non amava salire in cattedra, ma che ha saputo dare lezioni sempre attuali, di stile e di eleganza, con le sue opere d’arte contemporanea. Pininfarina ha vissuto da protagonista tutta la storia recente dell’auto, riuscendo a entusiasmarsi sempre, fino al crepuscolo della sua attività operativa, quando ha ceduto il timone al figlio primogenito Andrea (morto tragicamente nell’agosto 2008 in un incidente di moto) e poi all’altro figlio Paolo. Parlando delle sue «creature» a quattro ruote, che tanto amava, trasmetteva una passione infinita, con gli occhi brillanti di gioia. Eppure se non ci fosse stato quel genitore così «ingombrante» e così geniale, forse Sergio Pininfarina avrebbe fatto il musicista: lui che da ragazzo amava soprattutto l’armonia delle note. Invece il suo destino era segnato, nel nome del padre, e non gli impedì di sviluppare in altri campi, con strepitoso successo, l’impareggiabile vena artistica.
Pininfarina si laureò nel ‘50 in ingegneria meccanica al Politecnico torinese completando gli studi in Inghilterra e negli Stati Uniti e presto diventò raffinato maestro di stile. La sua missione è stata per tutta la vita trasformare in opere d’arte le carrozzerie delle automobili, alla sua scuola sono cresciute generazioni di designer, proprio come lui era cresciuto facendo tesoro dei consigli di papà Pinin. Proseguendo l’intuizione paterna, il giovane Sergio sviluppò sempre più lo studio e la costruzione di carrozzerie speciali, ottimizzando contemporaneamente l’attività industriale dell’azienda di famiglia, fino a farla diventare un colosso internazionale ramificato anche sui mercati emergenti. La Pininfarina divenne famosa negli anni Cinquanta per l'eleganza delle carrozzerie realizzate e, soprattutto, per il disegno sempre all'avanguardia. A partire dagli anni Ottanta, Sergio intuì la crescente importanza dell'aerodinamica, concentrando gli sforzi nel migliorare i modelli non solo da un punto di vista estetico ma anche nelle sfide dei flussi dinamici. Non a caso portano la sua griffe le più belle e prestigiose Ferrari, oltre a tante Maserati e altre indimenticabili auto sportive.
«L’essenziale è conservare il patrimonio del passato ma sapersi proiettare nel futuro, anticipando i tempi», spiegava l’Ingegnere a chi aveva la fortuna di intervistarlo. Sorprendendo sempre l’interlocutore per l’abilità di rendere accessibili ai profani concetti stilistici e ingegneristici anche molto complessi. Ogni dialogo diventava una autorevole e profonda lezione cattedratica, però priva della pur minima supponenza. Illustrò così, nel Duemila a Ginevra, l’intrigante 360 Spider, versione scoperta della Modena, la 164ª Ferrari nata dalla fantasia del suo atelier: «C’è qualcosa di molto speciale, su questa vettura. Pur essendo una scoperta, abbiamo reso visibile il motore. E’ la prima volta che si punta su una scelta così diversa. Lo considero un omaggio personale alla meccanica del Cavallino. Ci pensavo da tempo, perché da stilista ritengo che la meccanica possa a volte accentuare la personalità di un’auto. Con la Modena, già avevamo messo in vetrina il motore. Su uno spider il fascino aumenta ulteriormente. Il motore non rappresenta più un dettaglio: è una cattedrale, come Notre Dame, una vera scultura contemporanea». E parlando della sua azienda osservò orgoglioso: «Ha anime molteplici. Vanno dall’ideazione allo sviluppo tecnico, all’industrializzazione. Noi amiamo l’auto in tutte le sue facciate: dall’essenza più estrema, la Ferrari, all’ottimizzazione delle necessità quotidiane, la citycar Metrocubo. Sono fiero che la mia società abbia realizzato studi accurati nel campo della ricerca sulla sicurezza, dell’aerodinamica, della riduzione di consumi e dell’ecologia applicata. L’auto in questo secolo di sviluppo ha creato infiniti benefici, ma anche tre grandi problemi: polluzione, congestione, insufficiente sicurezza. Ora lavoriamo per il futuro, per risolverli».
Intuiva che il progresso avrebbe rivoluzionato l’automotive: «Il processo di futurizzazione è lento e graduale ma inarrestabile. Più che l’auto, cambierà il concetto di mobilità, ad esempio con piccole vetture da affittare per l’ingresso nei centri urbani. Non avremo le astronavi che qualcuno ipotizzava negli anni Sessanta, è invece il modo di muoversi che sta cambiando tantissimo. La svolta è in atto: si chiama elettronica e tecnologia dell’informazione applicata. Entro vent’anni, ma direi realisticamente già entro i prossimi dieci, si guiderà assistiti da computer di bordo e tecnologie sempre più sofisticate. Divertente, io ci credo».
Aveva ragione, naturalmente. Semplice, essenziale, come i tratti delle sue vetture. L’Ingegnere ha conservato per tutta la vita, con il rispetto per l’interlocutore, una straordinaria umiltà. Proprio lui oltre ad aver ricevuto numerose lauree honoris causa figura tra gli eletti della Automotive Hall of Fame di Detroit come «personalità che ha lasciato il segno nell’industria automobilistica mondiale»; lui che è stato nominato (da Ciampi) Senatore a vita della Repubblica il 23 settembre 2005, come tra i grandi dell’auto era accaduto soltanto a Giovanni Agnelli, l’Avvocato, e nessuno più di Sergio Pininfarina meritava in effetti di essere incoronato dal Paese che ha onorato come «simbolo vincente dell’imprenditoria italiana». Lui che è stato anche presidente della Confindustria in anni difficili (dal 1988 al 1992) e ha dovuto combattere le stagioni più delicate della nostra industria, delle sue battaglie sindacali, dell’evoluzione della nostra società.
La sua vita professionale è stata una sinfonia di successi, fin da quando papà Pinin gli affidò quel primo incarico di gestire i rapporti con Enzo Ferrari per disegnare le vetture del Cavallino. Il rapporto privilegiato con quest’altra griffe invidiata del made in Italy non è mai svanito, anzi si è rafforzato nel tempo, per questo Pininfarina ha firmato quasi tutte le più belle Ferrari di serie, imprimendo un marchio indelebile allo stile delle supercar di Maranello. Non a caso fu proprio la Pininfarina dell’Ingegnere a inaugurare la prima Galleria del Vento, nello stabilimento di Grugliasco, anticipando tutti i grandi costruttori mondiali. Innovazione, sempre. L’intuito e la passione del maestro Sergio resteranno un patrimonio storico cui l’azienda oggi non può e non vuole rinunciare, anche se gli scenari globali sono cambiati e le produzioni di nicchia sono ormai tramontate.
Un maestro che non amava salire in cattedra, ma che ha saputo dare lezioni sempre attuali, di stile e di eleganza, con le sue opere d’arte contemporanea. Pininfarina ha vissuto da protagonista tutta la storia recente dell’auto, riuscendo a entusiasmarsi sempre, fino al crepuscolo della sua attività operativa, quando ha ceduto il timone al figlio primogenito Andrea (morto tragicamente nell’agosto 2008 in un incidente di moto) e poi all’altro figlio Paolo. Parlando delle sue «creature» a quattro ruote, che tanto amava, trasmetteva una passione infinita, con gli occhi brillanti di gioia. Eppure se non ci fosse stato quel genitore così «ingombrante» e così geniale, forse Sergio Pininfarina avrebbe fatto il musicista: lui che da ragazzo amava soprattutto l’armonia delle note. Invece il suo destino era segnato, nel nome del padre, e non gli impedì di sviluppare in altri campi, con strepitoso successo, l’impareggiabile vena artistica.
Pininfarina si laureò nel ‘50 in ingegneria meccanica al Politecnico torinese completando gli studi in Inghilterra e negli Stati Uniti e presto diventò raffinato maestro di stile. La sua missione è stata per tutta la vita trasformare in opere d’arte le carrozzerie delle automobili, alla sua scuola sono cresciute generazioni di designer, proprio come lui era cresciuto facendo tesoro dei consigli di papà Pinin. Proseguendo l’intuizione paterna, il giovane Sergio sviluppò sempre più lo studio e la costruzione di carrozzerie speciali, ottimizzando contemporaneamente l’attività industriale dell’azienda di famiglia, fino a farla diventare un colosso internazionale ramificato anche sui mercati emergenti. La Pininfarina divenne famosa negli anni Cinquanta per l'eleganza delle carrozzerie realizzate e, soprattutto, per il disegno sempre all'avanguardia. A partire dagli anni Ottanta, Sergio intuì la crescente importanza dell'aerodinamica, concentrando gli sforzi nel migliorare i modelli non solo da un punto di vista estetico ma anche nelle sfide dei flussi dinamici. Non a caso portano la sua griffe le più belle e prestigiose Ferrari, oltre a tante Maserati e altre indimenticabili auto sportive.
«L’essenziale è conservare il patrimonio del passato ma sapersi proiettare nel futuro, anticipando i tempi», spiegava l’Ingegnere a chi aveva la fortuna di intervistarlo. Sorprendendo sempre l’interlocutore per l’abilità di rendere accessibili ai profani concetti stilistici e ingegneristici anche molto complessi. Ogni dialogo diventava una autorevole e profonda lezione cattedratica, però priva della pur minima supponenza. Illustrò così, nel Duemila a Ginevra, l’intrigante 360 Spider, versione scoperta della Modena, la 164ª Ferrari nata dalla fantasia del suo atelier: «C’è qualcosa di molto speciale, su questa vettura. Pur essendo una scoperta, abbiamo reso visibile il motore. E’ la prima volta che si punta su una scelta così diversa. Lo considero un omaggio personale alla meccanica del Cavallino. Ci pensavo da tempo, perché da stilista ritengo che la meccanica possa a volte accentuare la personalità di un’auto. Con la Modena, già avevamo messo in vetrina il motore. Su uno spider il fascino aumenta ulteriormente. Il motore non rappresenta più un dettaglio: è una cattedrale, come Notre Dame, una vera scultura contemporanea». E parlando della sua azienda osservò orgoglioso: «Ha anime molteplici. Vanno dall’ideazione allo sviluppo tecnico, all’industrializzazione. Noi amiamo l’auto in tutte le sue facciate: dall’essenza più estrema, la Ferrari, all’ottimizzazione delle necessità quotidiane, la citycar Metrocubo. Sono fiero che la mia società abbia realizzato studi accurati nel campo della ricerca sulla sicurezza, dell’aerodinamica, della riduzione di consumi e dell’ecologia applicata. L’auto in questo secolo di sviluppo ha creato infiniti benefici, ma anche tre grandi problemi: polluzione, congestione, insufficiente sicurezza. Ora lavoriamo per il futuro, per risolverli».
Intuiva che il progresso avrebbe rivoluzionato l’automotive: «Il processo di futurizzazione è lento e graduale ma inarrestabile. Più che l’auto, cambierà il concetto di mobilità, ad esempio con piccole vetture da affittare per l’ingresso nei centri urbani. Non avremo le astronavi che qualcuno ipotizzava negli anni Sessanta, è invece il modo di muoversi che sta cambiando tantissimo. La svolta è in atto: si chiama elettronica e tecnologia dell’informazione applicata. Entro vent’anni, ma direi realisticamente già entro i prossimi dieci, si guiderà assistiti da computer di bordo e tecnologie sempre più sofisticate. Divertente, io ci credo».
Aveva ragione, naturalmente. Semplice, essenziale, come i tratti delle sue vetture. L’Ingegnere ha conservato per tutta la vita, con il rispetto per l’interlocutore, una straordinaria umiltà. Proprio lui oltre ad aver ricevuto numerose lauree honoris causa figura tra gli eletti della Automotive Hall of Fame di Detroit come «personalità che ha lasciato il segno nell’industria automobilistica mondiale»; lui che è stato nominato (da Ciampi) Senatore a vita della Repubblica il 23 settembre 2005, come tra i grandi dell’auto era accaduto soltanto a Giovanni Agnelli, l’Avvocato, e nessuno più di Sergio Pininfarina meritava in effetti di essere incoronato dal Paese che ha onorato come «simbolo vincente dell’imprenditoria italiana». Lui che è stato anche presidente della Confindustria in anni difficili (dal 1988 al 1992) e ha dovuto combattere le stagioni più delicate della nostra industria, delle sue battaglie sindacali, dell’evoluzione della nostra società.
La sua vita professionale è stata una sinfonia di successi, fin da quando papà Pinin gli affidò quel primo incarico di gestire i rapporti con Enzo Ferrari per disegnare le vetture del Cavallino. Il rapporto privilegiato con quest’altra griffe invidiata del made in Italy non è mai svanito, anzi si è rafforzato nel tempo, per questo Pininfarina ha firmato quasi tutte le più belle Ferrari di serie, imprimendo un marchio indelebile allo stile delle supercar di Maranello. Non a caso fu proprio la Pininfarina dell’Ingegnere a inaugurare la prima Galleria del Vento, nello stabilimento di Grugliasco, anticipando tutti i grandi costruttori mondiali. Innovazione, sempre. L’intuito e la passione del maestro Sergio resteranno un patrimonio storico cui l’azienda oggi non può e non vuole rinunciare, anche se gli scenari globali sono cambiati e le produzioni di nicchia sono ormai tramontate.
(link originale dell'articolo: http://www3.lastampa.it/cronache/sezioni/articolo/lstp/461023/)
sabato 16 giugno 2012
Giuseppe Bertolucci
E' morto Giuseppe Bertolucci,
regista e «papà» della Cineteca
Aveva diretto «Berlinguer ti voglio bene»
e scritto il monologo «Cioni Mario di Gaspare fu Giulia»
GIuseppe Bertolucci
BOLOGNA - Addio a Giuseppe Bertolucci. Il regista è morto a Diso, in provincia di Lecce, dopo una lunga malattia. Ad annunciare la notizia sono stati la moglie, Lucilla Albano, professoressa, ed il fratello Bernardo, autore di «Ultimo tango a Parigi».Regista e sceneggiatore, per lunghi anni presidente della Cineteca di Bologna, Giuseppe Bertolucci era stato autore di vari film tra cui «Berlinguer ti voglio bene» con Roberto Benigni. Aveva anche collaborato con il fratello Bernardo alla sceneggiatura di «Novecento». Era figlio del poeta Attilio.
GLI INIZI - Bertolucci era nato a Parma il 27 febbraio del 1947. Aveva mosso i primi passi nel mondo del cinema facendo da aiuto al fratello maggiore Bernardo nel film «La strategia del ragno» (1970). L'anno successivo l'esordio dietro la macchina da presa nel mediometraggio «I poveri muoiono prima», seguito dal film per la televisione «Andare e venire» (1972). Nel 1975, con il fratello Bernardo e a Franco Arcalli, scrive la sceneggiatura di «Novecento».
IL SODALIZIO CON BENIGNI - Nello stesso anno scrive il monologo teatrale «Cioni Mario di Gaspare fu Giulia» per Roberto Benigni, da cui verrà tratto il film del 1977 «Berlinguer ti voglio bene». Dopo un film-inchiesta commissionato dal partito comunista, «Panni sporchi» (1980), ed un nuovo lavoro per la televisione, torna al cinema nel 1984 con «Segreti segreti», scritto con Vincenzo Cerami e con uno stuolo di grandi interpreti femminili tra cui Lina Sastri, Lea Massari, Alida Valli, Stefania Sandrelli, Mariangela Melato, Nicoletta Braschi. Nel 1986 è la volta di «TuttoBenigni», sfilata di esibizioni del comico toscano; due anni dopo dirige Diego Abatantuono, Paolo Rossi e Laura Betti ne «I cammelli». Nel 1994 è la volta del film «Troppo sole», con Sabina Guzzanti. Del 1999 è «Il dolce rumore della vita», con Francesca Neri.
IL RICORDO - Il sindaco di Bologna Virginio Merola e l'assessore comunale alla Cultura Alberto Ronchi, garantiscono: «Sapremo ricordarlo come merita». Merola e Ronchi ricordano Bertolucci come «grande regista, sceneggiatore e interprete dei nostri tempi. Abbiamo avuto l'onore di avere la sua grande esperienza a disposizione della Cineteca di Bologna, istituzione di cui è stato presidente, contribuendo in maniera attiva ai suoi successi». «La prematura scomparsa di Giuseppe Bertolucci ci addolora e rende più povero il mondo della cultura del nostro Paese». Lo sostiene il presidente della Regione, Vasco Errani che promette: «Non scorderemo l'amore per la sua terra emiliana, i suoi importantissimi lavori, l'appassionato impegno sociale e per le istituzioni culturali fino al contributo per la Cineteca di Bologna». Per l'assessore regionale alla Cultura, Massimo Mezzetti, la morte di Bertolucci è «una gravissima perdita per il cinema e per l'intera espressione artistica, credo che ora sia ancora più necessario che venga attentamente riletta la sua opera, un grande patrimonio ricco di raffinatezza e originalità che ha generosamente prodotto nel corso della sua vita». Anche la Cineteca di Bologna piange la scomparsa di Bertolucci. L'artista, «divenuto nel 1997 presidente di una giovane e fragile istituzione, ha dato un contributo decisivo alla sua crescita, in anni molto difficili per il nostro Paese e per le ragioni della cultura», si legge in una nota. Il regista «ha presieduto la Cineteca di Bologna in una fase che l'ha vista crescere e trasformarsi, progettando la creazione e l'inaugurazione delle nuove sedi, disegnandone lo sviluppo, dando impulso internazionale alla sua attività di restauro e alla sua attività editoriale. L'ha lasciata alla fine del 2011, una volta compiuta la necessaria trasformazione in Fondazione». Ora, conclude il comunicato, «lo ricorderemo, come avrebbe voluto lui, lavorando in Cineteca ogni giorno con cura e passione».
LA CAMERA ARDENTE - Una camera ardente per accogliere il feretro di Giuseppe Bertolucci verrà all'allestita dall'amministrazione comunale di Diso nell'ex convento dei cappuccini vicino al municipio. In paese è già arrivato il fratello del regista, Bernardo, mentre si attende in giornata l'arrivo di Roberto Benigni, suo grande amico.
(link originale dell'articolo: http://corrieredibologna.corriere.it/bologna/notizie/cultura/2012/16-giugno-2012/-morto-giuseppe-bertolucci-regista-papa-cineteca-201625797741.shtml)
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